Il museo Hopp è un gioiello incastonato nella villa che appartenne a Ferenc Hopp, nel cuore di Budapest. Fondato nel 1919, alla morte di questo grande viaggiatore ungherese, appassionato dell’Oriente lontano, il museo rappresenta un vero e proprio viaggio nel viaggio.
Grazie alla gentilezza della curatrice, la dottoressa Ágnes Mészáros, oltre a scambi interessanti sulla collezione, ho avuto accesso alla biblioteca e agli archivi, dove ho potuto consultare alcune pubblicazioni sul mandala. Successivamente, ho visitato la mostra dedicata all’arte di Ghandāra, lo stile indo-greco che ha trasformato l’arte buddista, dando vita alle prime rappresentazioni iconografiche del Buddha.
Tra bassorilievi, terracotte e stucchi, il mandala mi riservava una sorpresa: esposto in tutta la sua bellezza, si trovava il Kalachakra Mandala, in una versione risalente al XV secolo. Dipinto su tela con i tradizionali colori rosso, giallo, bianco (luna d’autunno), e nero-verde, questo mandala è un capolavoro in eccellenti condizioni.
Il Kalachakra Mandala rappresenta la summa di un complesso sistema tantrico con elementi astrologici. Kalachakra è una divinità tantrica che incarna l’interconnessione di tutti i fenomeni cosmici e la natura ciclica del tempo. Questa particolare tela fa parte di una serie commissionata nel XV secolo per onorare la memoria del fondatore dell’ordine di Sakya del monastero di Ngor, di cui ho già parlato in riferimento ad altri mandala della stessa scuola, come il Ngor Kalachakra Mandala, il mandala Krishna Yamanri, e del ciclo di Vajravali.
Questo mandala è uno dei pochi sopravvissuti della serie di quattrordici he erano stati commissionati agli artisti di Ngor. La sua costruzione corrisponde a quella descritta nel Vajravali il testo scritto dal maestro Abhayākaragupta (1084-1130). Al centro del loto a otto petali si trova Kalachakra con le sue 24 braccia, affiancato dalla sua consorte. Intorno a lui si dispongono i Buddha delle cinque famiglie, ciascuno accompagnato dalla propria partner femminile, allineati secondo le direzioni principali e secondarie.
Nel secondo mandala, le dee sono raffigurate in piedi sui petali degli otto fiori di loto, disposte anch’esse secondo le direzioni principali e secondarie, circondate dalle sessantaquattro Dakini della parola.
Nel terzo mandala, le dodici divinità, al centro dei dodici loti, rappresentano i mesi dell’anno, mentre le ventotto dee nei petali simboleggiano i giorni dei mesi, ricordandoci che il calendario buddista è ancora oggi lunare.
L’intero mandala è circondato da cerchi concentrici che rappresentano i Quattro Elementi, mentre negli angoli corrispondenti si vedono tre diverse forme di Kalachakra e la divinità tantrica Vajrabhairava, molto venerata nella tradizione Sakya.
Le due fasce, superiore e inferiore, sono decorate con immagini di maestri indiani e tibetani, che rappresentano la continuità degli insegnamenti nella tradizione Kalachakra. Anche il retro del mandala è ricco di dettagli, con iscrizioni, diagrammi o simboli specifici, mantra e preghiere dedicate a ciascuna divinità, rendendo il mandala un prezioso strumento per la meditazione.
Cover photocollage di Annalisa Ippolito grazie alla gentilezza della dottoressa Ágnes Mészáros curatrice del museo.