“ Interno ed esterno sono distinzioni limitative. Nella tranquillità della pratica formale noi rivolgiamo effettivamente le nostre energie verso l’interno, scoprendo però che nella mente e nel corpo conteniamo il mondo intero”.
Jon Kabat-Zinn
Come nel mandala che contiene l’intero universo tra le sue linee e i suoi punti, nella pratica, nella creazione e nella colorazione noi entriamo e usciamo continuamente dal limite imposto dal nostro corpo e dalla nostra mente ricostituendo una connessione con l’esterno. Guardare dentro di sé stimola ciascuno di noi alla centratura e alla ricerca di equilibrio.
La nostra mente è frammentata perché svolgiamo contemporaneamente mille compiti, e non potrebbe essere altrimenti. Attivare comportamenti automatici che ripetono sempre gli stessi schemi permette al cervello di disattivare una parte delle nostre facoltà cognitive per applicarle ad altro. Altrimenti impazziremmo. Questa pratica però, unita alle personali attitudini, all’educazione, alle cultura e alla struttura sociale in cui siamo immersi finisce per creare distrazioni che ci allontanano dalla realtà con il risultato di farci perdere il contatto con il presente.
Tutto ciò può generare disagio. E dedicarci al mandala quando abbiamo un momento di stanchezza, di tristezza, di nervosismo, di insoddisfazione è un mezzo per recuperare il contatto con la realtà, con noi stesse e con il nostro centro. Ci rivolgiamo al nostro interno ed è lì che troviamo l’essenza e recuperiamo l’energia per tornare all’esterno.
Foto : rosone cattedrale Chartres