Il mandala come disegno circolare e cultuale è presente in quasi tutte le culture antiche del mondo. Anche l’ebraismo ha le sue figure mandaliche, le più conosciute sono l’Albero della vita o ‘Etz Chajim, i Dieci Sefirot e diversi disegni spirituali legati alla Kabbalah già in uso ai tempi dei Patriarchi e delle Matriarche.
Queste immagini ispirate dalle energie spirituali emerse durante la preghiera e la meditazione, si trasformano attraverso simboli sacri, colori, forme e i nomi di Dio in strumenti di pratica mistica.
Nella tradizione ebraica kabbalistica sono stati evidenziati tre gruppi di mandala con particolari prerogative come ci narra Gabriella Samuel nel suo testo “Kabbalah”.
Il primo fine è “infondere energie spirituali”, in cui la funzione della creazione del mandala è piuttosto la mistica della trasformazione, il meditante riceve le energie e la forza rigeneratrice dal suo mandala rimanendo impregnato e trasformato per sempre. Potremmo paragonarlo al livello interno del mandala tibetano.
La seconda prerogativa è “creare uno strumento di meditazione”, dunque la meditazione sui mandala creati in precedenza permette al meditante di concentrarsi e riuscire a scoprire la verità nascosta delle cose o “Nistar” facendo così l’esperienza dei Regni Superni.
La terza funzione è “radicare energie spirituali”, in questo caso il mandala attraverso lettere, simboli, colori e nomi di Dio viene usato sia come un canale di energie volte a proteggere gli ambienti chiusi come fosse un amuleto “Qameja” sia per assicurare le energie del cammino spirituale di una persona. Un uso simile a quello degli yantra indù.
L’immagine di copertina include più rielaborazioni dell’albero della vita e delle Sephiroth, simboli antichi e archetipici della geometria sacra che assume significati interpretativi per spiegare la realtà in cui viviamo, la natura divina e la Cosmologia dell’universo.
Fonti
Gabriella Samuel, Kabbalah
José Arguelles, Il grande libro dei mandala
Appunti da convegni e incontri di Annalisa Ippolito