Il mandala Kalachakra del Monastero di Ngor, in Tibet, datato XVI secolo, appartiene alla collezione dello stesso monastero e è fatto risalire alla tradizione Sakya di cui il monastero è depositario. Il mandala si è salvato dalla rivoluzione degli anni ‘50 e ora si trova al Philadelphia Museum of Art.
Lo schema del mandala, l’iconografia e l’impostazione architettonica rimandano alla tradizione nepalese Cakrasaṃvara del XV secolo che a sua volta riceve le influenze dello stile Newa diffuso già nel secolo precedente. É interessante notare come i maestri pittori assimilassero i mandala nella loro tradizione contemplativa e artistica.
Sappiamo infatti che il mandala è uno strumento di meditazione, ma anche didattico aiuta il discepolo a visualizzare i passaggi da fare per raffigurare il rapporto con la virtù del Buddha che si intende onorare attraverso la sua visione.
In questo mandala, il centro è occupato da un trono di Loto a sedici petali sul quale risplende la figura blu di Kalachakra su due gambe una rossa e una bianca, con ventiquattro braccia e quattro volti, ciascuno che guarda in una direzione e tre occhi per ogni faccia. È abbracciato alla sua consorte il cui corpo differisce notevolmente. Vishvamata infatti, ha il corpo tutto dorato, una sola testa con tre occhi e due braccia, il suo corpo aderisce a quello di Kalachakra e in un abbraccio pieno di energia e potenza.
Intorno a loro una serie di cerchi concentrici che si espandono dal centro verso la periferia nei quali sono collocate delle divinità e otto raggi che dal mozzo, nel quale è contenuta la sacra coppia si estendono verso l’esterno. In ciascuno dei punti cardinali sono collocate delle divinità femminili importanti, mentre alcune figure complementari occupano invece le diagonali dei punti intermedi.
Vicino al mozzo, tra queste figure si trovano otto coppe a forma di teschio poggiate su petali di loto che contengono l’ambrosia.
Come la tradizione kalachakra vuole, a ogni cerchio partendo dal centro, dove si trova la prima ruota, quella della “saggezza incontaminata” (da cui derivano gli altri mandala), corrisponde ad un elemento. Così abbiamo la terza ruota il mandala della terra, il quarto è mandala dell’acqua, il quinto il mandala del fuoco, sesto dell’etere e settimo dello spazio. A ogni raggio corrisponde una porta o cancello, per un totale di otto, ciascuna con una coppia di guardiani. Nei cerchi esterni si trovano la ruota con sedici mondi della cremazione a loro volta protetti da una cintura del fuoco.
Il numero delle ḍākinī e dei loro consorti che sono settandadue più la coppia sacra di Kalachakra e Vishvamata da il nome al mandala “The Seventy-Three Deity Mahāsaṁvara Kālachakra Mandala.”
Fonti scheda:
A Radial Ngor Kālachakra Mandala in Mandala: The Perfect Circle catalog by the Rubin Museum of Art, 2009.
Ngor Mandala compilation of the 19th century rgyud sde kun btus, Philadelphia Museum
The Ngor Mandalas of Tibet, Listings of the Mandala Deities. Bibliotheca Codicum Asiaticorum The Centre for East Asian Cultural Studies, 1991.
Tibetan Mandalas (Vajravali and Tantra-samuccaya), Raghuvira and Lokesh Chandra, 1995.
Foto: www.jonangfoundation.org